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Articoli | abstract

Dr.ssa Salvatore Assunta
Psicologa - Psicoterapeuta
 
L’analisi come un’incubatrice per il recupero e lo sviluppo dell’IO

Voglio iniziare questa mia trattazione con la proiezione di due rappresentazioni grafiche di un bambino di 3 anni, relativo al “progetto sul corpo”, intitolato: “Io sono dentro e fuori”.
Il primo disegno, risale all’inizio dell’anno scolastico, mentre il secondo riguarda già una fase successiva, quando il bambino riesce meglio a rappresentare sé stesso.
Eugenio Gaddini scrive che la “scoperta” e il riconoscimento del proprio corpo si esprime nell’evoluzione del disegno. Oltrepassata la fase incoordinata degli scarabocchi, definita “la rappresentazione di sensorialità”, un bimbo crea spontaneamente un’immagine tondeggiante intesa come “la prima rappresentazione del Sé mentale separato”, che in questo contesto vediamo rappresentato nel secondo disegno: lo spazio circoscritto rosso, separa il bimbo dallo spazio esterno. Nel funzionamento fetale il confine unisce al corpo materno, mentre ad un’età più avanzata, questo stesso confine, separa da uno spazio esterno, nel quale il bimbo colloca la madre. Infatti solo in una fase successiva di sviluppo, il processo di apprendimento del proprio corpo, “è un riconoscimento oggettivo, non più un dominio magico ed onnipotente”.
Lui ritiene che “lo sviluppo della mente è un processo graduale nella direzione dal corpo alla mente”, come una sorta di emersione dal corpo, con la graduale acquisizione mentale del sé corporeo. Tale processo è di tipo non oggettivo, precede la differenzazione tra sé e l’altro ed equivale  alla funzionalità unita del bambino con la madre.
Così come un bimbo sviluppa l’immagine corporea di sé all’interno di un’evoluzione, il paziente tende in analisi all’acquisizione di sé.
Eugenio Gaddini, intende lo sviluppo in termini di maturazione della mente che ha radici sin dalla vita intrauterina, si riferisce a quando certi comportamenti del feto sono configurabili come espressione di apprendimento fisiologico. Nella fase intrauterina la situazione spaziale è estremamente delimitata e protetta rispetto alla situazione post-natale, il feto sembra già avere una sorta di apprendimento dello spazio, attraverso il limite. Il confine fisiologicamente appreso è anche il confine di sé”. L’apprendimento fisiologico è dato dal “limite” spaziale del sacco amniotico e dalla parete uterina. È con la nascita che si ha un forte incremento del processo di differenziazione della funzione mentale.
Nei casi di nascite premature il feto completa lo stato prenatale nell’incubatrice, che ripropone in modo artificiale e meccanico la situazione intrauterina.
Vorrei usare l’immagine dell’Analisi Incubatrice per quelle situazioni cliniche di difficile sviluppo psichico, in cui la fisicità non è accolta o è male integrata dalla mente. L’idea è di un’analisi in un primo momento di sviluppo, in cui l’Io-Corpo si va costituendo. Perciò il paziente in analisi può essere simile al neonato nei primissimi mesi di vita, in cui non vive altro che sensorialità e il bisogno impellente di integrarsi. Secondo l’immagine dell’Analisi Incubatrice, posso pensare il paziente come in uno stato pre-natale o neonatale, in cui la separazione tra sé e il mondo esterno non è ben definita.
Sempre Eugenio Gaddini ritiene che “un disturbo della mente si traduce in quadri somatici, per cui le sindromi psico-fisiche sono patologie mentali relative al distacco e alla separatezza”.
L’incubatrice è l’immagine di un luogo dove si costituisce una maturazione in cui certe funzioni, non ancora autonome, recuperano le potenzialità.
Renata Gaddini parla di “Spazio Potenziale” come l’opportunità da dare al bambino per raggiungere un Io maturo, svincolato dalla condizione di fusione primaria; lo stesso “Spazio Potenziale” che può offrire l’analisi incubatrice alla crescita emotiva del paziente.
Mi chiedo come la corporeità esperita da alcuni pazienti, possa essere tradotta in esperienza psichica, o meglio come l’analisi debba rintracciare quel canale comunicativo che traduce in parte, ciò che di fatto è intraducibile. Eppure nella relazione Corpo-Mente accade: ciò che nasce dal fisico ci conduce allo psichico.
W.R. Bion scrive che “quando nella mente arriva la rappresentazione corporea di un vissuto relazionale, questa, tradotta in una formulazione verbale significativa, permette alla relazione analitica di evolvere”; l’esperienza all’interno della coppia assume una grande fecondità, dato che si verifica qualcosa di “illuminante”. Il legame che si crea non è il discorso articolato tra analista e paziente, bensì quel particolare “cordone ombelicale” come metodo di comunicazione tra due persone. Nella vita intrauterina, la relazione è rappresentata dal “cordone ombelicale”, simbolo di nutrimento necessario alla crescita. In analisi il legame si può rappresentare nell’alleanza costruita tra paziente e analista; Come nell’ incubatrice: il paziente recupera la corporeità negata, quel corpo vissuto come “altro da sé”, attraverso le parole-nutrimento create  dalla coppia analitica.
L’Analisi  quindi come la possibilità di far pensare il paziente, attraverso il legame analitico.
Stern definisce i vissuti in analisi: "esperienze globali a livello della relazione nucleare ed intersoggettiva"; Ritiene che il potere della psicanalisi è proprio nella trasformazione linguistica delle esperienze “non verbali”. Nell’analisi dei primi anni è quindi possibile una messa a fuoco di queste esperienze “non verbali” della relazione. Inoltre crede che, nell’analisi "Alcune esperienze del Sé” sono esperienze così fondamentali, da essere analoghe a quelle del battito cardiaco e del respiro.
A tal proposito Carla De Toffoli scrive che: “È nell’analisi che l’Io emerge attraverso l’interazione e il corpo, con un processo di integrazione che necessita di un “ritmo respiratorio”: lasciare andare la propria anima in un Altro, e riprenderla dentro di Sé; abitare alternativamente dentro il proprio corpo e le sue funzioni, e dentro lo spazio affettivo-mentale di una relazione, che permette di sospendere i processi integrativi anche per un periodo di riposo”.
Nell’analisi quindi, il paziente ha bisogno di trovare un ambiente in cui poter respirare, prima di poter mangiare, pensare e parlare. Lei afferma che anche l'analista in certe situazioni cliniche può scoprire il mondo dal punto di vista di quel “respiro”, e quelle capacità mentali e relazionali che vanno via via intese come il respirare, digerire, stare in equilibrio e camminare da soli. La respirazione come la prima forma di scambio attivo tra sé e l'ambiente, di movimento reciproco, di oscillazione tra fusione e separazione che il bambino sperimenta nel proprio corpo.
L’incubatrice è l’immagine di una crescita in una condizione di attesa o di apparente sospensione, la stessa che se riproposta in analisi può risultare funzionale allo sviluppo psichico del paziente. L’incubatrice offre un tempo, uno spazio protetto e monitorato entro il quale il bambino può reintegrarsi dei suoi aspetti deficitati che intaccano la sua autonomia. L’analisi può far quindi acquisire al paziente la consapevolezza di sé, partendo dalla  corporeità in uno Spazio-Tempo dato dal setting analitico.
Come nell’incubatrice le finestre permettono la comunicazione soprattutto tattile tra neonato e genitore, in analisi è la reveriè che fa nascere una relazione. È l’esperienza del legame analitico che può  riconoscere una corporeità al paziente. Carla De Toffoli infatti scrive che per il paziente trovare il suo posto all’interno dell’analisi, equivale alla possibilità di abitare il suo corpo, da sempre disabitato.
Anche Lombardi pone il corpo al primo livello di sviluppo della mente e tenta di cercare il nodo che si crea nel “difetto di pensiero”. In un suo lavoro, mette a confronto le teorie di Matte Blanco e Ferrari in linea con l’Idea di un’analisi che pone la Corporeità all’origine del pensiero.
Entrambi osservano la difficoltà di operare la pensabilità in termini di una forza che disorganizza le sensazioni e le emozioni. Anche nella loro impostazione l’interesse si sposta al funzionamento del mondo interno nella condizione di indifferenziazione tra sé e l’oggetto. L’intervento clinico è focalizzato alla relazione corpo-mente; le interpretazioni riguardano il tipo di relazione  che ogni soggetto intrattiene con sé stesso, con il proprio corpo, con le proprie sensazioni, con le proprie emozioni.
In questo modo si tenta di mettere in moto fenomeni di autoosservazione e di autocoscienza: il paziente si riconosce prima come individuo, dotato di un suo funzionamento e di un suo dialogo interno, poi si confronterà con l’oggetto esterno “altro da sé”. Matte Blanco e Ferrari ritengono il transfert importante sul piano delle funzioni, poiché accoglie e  trasforma gli elementi direttamente non elaborabili; L’analista quindi facilita l’oscillazione dalla sensazione al pensiero.
Anche per loro Il paziente ha la possibilità di creare la sua Corporeità attraverso la mente dell’analista: rivive scambi e interazioni tra fisicità e psichicità, in un’occasione trasformativa che può portare alla strutturazione del suo senso di identità.
L’immagine dell’analisi incubatrice da me usata, pensa il paziente come un bambino, in un’ottica di sviluppo e di crescita di sé, lungo un percorso anche doloroso che mira alla nascita dell’identità.
L’incubatrice prepara il bambino alla vita e forse ad un’altra nuova nascita, per usare la metafora de La Bick: alla nascita il bebè è come un astronauta gettato nello spazio fuori dalla sua navicella, bisognoso di una tuta spaziale, intuisce il suo sentirsi andare in pezzi ed il suo desiderio frenetico di un oggetto.            

Riferimenti bibliografici

Bion W.R. (1980), Discussioni con W.R. Bion. Loescher, Torino, 1984.
Carla De Toffoli (1988), Trasformazioni del dolore mentale e vicissitudini del respiro in un frammento di relazione analitica. Rivista di psicoanalisi 34, 715-747.
Carla De Toffoli (2001), Psicosoma. Il sapere del corpo nel lavoro psicoanalitico. Rivista di psicoanalisi 3, 465-486.
Ferrari A.B. (1992), L’eclissi del corpo. Roma, Borla.
Gaddini E. (1980), Note sul problema mente corpo. In Scritti. Milano, Cortina, 1989.
Gaddini E. (1969), Sulla Imitazione. In Scritti. Milano, Cortina, 1987.
Gaddini R. (1977), Pieno vuoto ed identità. Rivista di psicoanalisi 24, 241-257.
Lombardi R. (2000), Corpo, affetti, pensieri. Riflessioni su alcune ipotesi di I.Matte Blanco e A.B.Ferrari. Riv. Psicoanal. 4, 683-706.
Matte Blanco I. (1988), Pensare, sentire, essere. Torino, Einaudi, 1995.
Stern D.N. (1985), Il mondo interpersonale del bambino. Bollati Boringhieri, Torino, 1987.
Vallino D. e M. Macciò (2004) Essere neonati. Questioni psicoanalitiche, Roma, Borla.

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